È certo che la UE ci mette il massimo impegno nel legiferare affinché l’Italia si trasformi da grande sostenitore a nemico dell’Unione. Come è oramai noto, la Commissione europea, in una lettera inviata all’Italia, chiede la fine del divieto di utilizzare il latte in polvere, concentrato e latte ricostruito per la produzione di prodotti lattiero-caseari, sancito da una legge nazionale risalente al 1974. Il motivo? Perché questa legge, secondo Bruxelles, sarebbe un impedimento alla “libera circolazione delle merci” dato che in Italia non possono entrare (né ovviamente essere prodotti) formaggi “senza latte”. Con in più la velata minaccia che se non si aprono le frontiere ai formaggi prodotti da grandi multinazionali (che guarda caso si concentrano nel settentrione del continente), il nostro paese rischia una procedura d’infrazione con tutte le conseguenze che ne deriveranno. Lo scandalo, la rabbia, l’opposizione a questa lettera della Commissione è subito esplosa tra i consumatori italiani e sembra destinata a crescere ogni giorno di più, con la speranza che dia vigore alla promessa di una adeguata azione politica del ministro Martina. La Commissione non è nuova a queste prese di posizione e sembra che ci sia una certa strategia per costringere la produzione alimentare italiana al ribasso, allineandola così agli standard della produzione industriale, e riducendo il ricco patrimonio caseario italiano all’arbitrio di un gusto stabilito sia dai ritmi di produzione sia dalle strategie dei persuasori pubblicitari. In più, a rimetterci saranno i consumatori da supermercato, quelli che per un formaggio non possono pagare più di tanto e ripiegano su quello industriale, che sarà a base di latte ricostruito per ovvi motivi di speculazione, più che di guadagno. I più ricchi continueranno a comprare formaggi più costosi, per i quali si garantisce il latte vero. Ecco la chiave di lettura della legge europea: è fondamentalmente una legge antidemocratica e classista.
In questa sconsiderata azione (che, ricordiamolo, viene a ragione definita “genocidio culturale”) e nelle precedenti, si sono perdute leggende popolari e contadine sul “sangue bianco”, come veniva chiamato il latte, come quelle sui santi allattatori, diffuse quasi ovunque in Europa, uno dei quali nel nostro paese è conosciuto col nome di San Mamante, venerato il 18 agosto specialmente in Brianza come protettore delle puerpere, dei pastori e degli allevatori di bestiame che lo invocano per avere più latte. Nel Nord Europa non c’è più traccia del racconto folklorico secondo il quale il gigantesco Thorgil, a cui era stata uccisa la moglie, per salvare il figlio appena nato, si tagliò i capezzoli da cui uscì il latte per poter sfamare la piccola creatura (un padre allattatore). Neanche la tradizione fiabesca è risparmiata: in una fiaba dei fratelli Grimm, un gigante rapì ad una famiglia contadina Pollicino per portarlo nella sua casa e farlo poppare al suo seno. Nelle terre del Settentrione, terre di latte e burro, da sempre i vari popoli che la abitano si sono nutriti di latticini; latte ovino, caprino, vaccino, bufalino, asinino da secoli è stato trasformato in formaggi in innumerevoli varietà e sapori. In Italia, secondo l’Atlante dei prodotti tipici dell’Insor, nella edizione del 1991, ci sono 403 e forse più formaggi, un numero impressionante che fa dire a Corrado Barberis: se la libertà si misura dal numero dei formaggi (il riferimento è a De Gaulle), l’Italia è ancora più libera della Francia. Tutto questo patrimonio andrebbe perduto, annullato se non ascoltiamo le parole di Graziella Picchi, la quale (sempre nell’Atlante dei prodotti tipici) afferma che “l’eccellenza di un prodotto nasce non già dall’uso asettico delle tecnologie più sofisticate che, pure, hanno — se usate accortamente — il loro valore, ma piuttosto da una manualità artigianale che rifugge dalle generalizzazioni salutistiche e da parossismi igienico-sanitari, propri della civiltà post-industriale. Questa manualità è legata alla sensibilità ed alla personalità del casaro, la cui conoscenza andrebbe, in certi casi, tutelata come si fa per i grandi patrimoni artistici o scientifici.” È evidente che stiamo vivendo una metamorfosi del gusto, un’altra rivoluzione del modello alimentare; ma ancora non sappiamo con esattezza la “grammatica” alimentare per la quale, tuttavia, la totalità dei consumatori del nostro paese ritiene che il formaggio si debba fare con il latte e che si debba ritornare a celebrare San Mamante, affinché ci dia sempre più latte, per continuare a produrre formaggi in gran quantità ed essere più liberi della Francia.
Fintanto che abbiamo ancora i formaggi prodotti con il latte, rivediamo qualche ricetta ripresa qua e là da vecchi ricettari.
Groviera gr 100; tuorli d’uovo 2; farina gr 80; parmigiano gr 50; burro gr 70; latte ½ litro; noce moscata; uovo intero 1.
Con la farina, 60 gr di burro e il latte fate una salsa besciamella come di consueto; lasciatela cuocere per 20 minuti, quindi conditela col sale, la noce moscata, il parmigiano grattugiato e, per ultimo, il formaggio groviera tagliato a dadini. Mescolate con il cucchiaio di legno e rimettete la salsa sul fornello a cuocere per qualche minuto, quindi toglietela dal fuoco e lasciatela raffreddare un poco. Uno per volta mischiate alla salsa prima i tuorli e poi l’uovo intero, quindi versate tutto in uno stampo liscio precedentemente unto di burro e infarinato. Cuocete il budino a bagnomaria fino a quando sarà completamente rappreso e rassodato.
Timballo di ricotta e patate
A un chilo di patate lessate, sbucciate e schiacciate, aggiungete 5 uova, parmigiano grattugiato e prezzemolo tritato. A un chilo di ricotta aggiungete ugualmente 5 uova, parmigiano e prezzemolo. In una teglia imburrata fate strati alternati di ricotta e patate, iniziando e terminando con le patate. Spolverate la superficie di pan grattato e mettete a cuocere in forno ben caldo. Ovviamente le dosi variano a seconda delle persone a tavola, dei gusti e delle possibilità.
Insalata di sedano e formaggio
Tagliate in piccoli pezzi una dozzina di gambi di sedano scottati nell’acqua bollente: aggiungete un’uguale quantità di formaggio olandese tagliato a pezzetti, condite con sale, pepe, olio, aceto e cerfoglio. Mettete l’insalata così preparata in un’insalatiera di cristallo, guarnita con foglie di cuore di lattuga. Per decorarla graziosamente, prendete un bel pomodoro, tagliatene la cima, togliete i semi e ritagliatelo in modo da formare come i petali di un fiore; e posatelo così nel centro dell’insalatiera. Si serve con dei sandwiches imburrati.
Capellini alla crema di latte e groviera (ricetta di V. Buonassisi)
500 gr di capellini; 3 dl di crema di latte; 120 gr di groviera tagliato minutamente a lamelle; pepe.
È una preparazione a freddo che richiede pochissimo lavoro. Lessate la pasta, conditela prima con la crema di latte, mescolando bene, poi unite il formaggio; mescolate con cura, in modo che le lamelle di questo ingrediente col calore si ammorbidiscano, spruzzate di pepe e servite. Varianti: potete usare anziché groviera altri formaggi come fontina, parmigiano, pecorino.
Pasta con ricotta e gorgonzola, a crudo (ricetta di V.Buonassisi)
500 gr di maccheroni o altra pasta; 200 gr di ricotta; 120 di gorgonzola della qualità meno piccante; 80 gr di cipolla; un gambo di sedano; 50 gr di burro; latte; sale; pepe (peperoncino).
Frullate assieme ricotta e gorgonzola, aggiungendo a poco a poco latte, quanto ne occorre per ottenere una salsa densa ma fluida; unite anche, a poco a poco, la cipolla e il sedano tritati, sale e pepe. Lessata la pasta bene al dente, scolatela e conditela prima col burro, poi unite la salsa, a cui, se occorre, potete aggiungere qualche cucchiaiata di acqua di cottura della pasta stessa, per poterla diluire meglio. Potete unire alla pasta, anziché pepe, un pizzico di peperoncino.
Ingredienti: 8 uova; 200 gr di formaggio Montasio; 1 ciuffo di erba cipollina; 1 ciuffetto di prezzemolo; 1 noce di burro; ½ bicchiere di latte; sale; pepe.
Sbattete le uova con il latte, il sale e il pepe; aggiungete il formaggio a dadini, il prezzemolo e l’erba cipollina finemente tritati. Versate il composto in un tegame già imburrato e cuocete in forno a 150° per un quarto d’ora.
Fritto di provatura o di mozzarella
Ingredienti: provatura o mozzarella; farina; pangrattato; olio per friggere.
La provatura si ritaglia in spicchi non tanto piccini, la mozzarella invece in fettine spesse. Si infarinano, si passano nell’uovo sbattuto, nel pangrattato e poi di nuovo nell’uovo sbattuto e nel pangrattato. Si friggono a padella caldissima e appena impanatura sarà diventata bionda, si tolgono dalla padella, si aggiustano in un piatto. È una frittura che va preparata all’ultimo momento.
Polpettine di formaggio all’antica
Ingredienti e 25 polpettine: mollica di pane raffermo, g 150; caciocavallo vecchio, g 150; uova, 3; sale; noce moscata; prezzemolo; pepe; olio per friggere; farina; uovo sbattuto.
È una gustosa piccola ricetta dell’antica cucina napoletana. Grattate 150 grammi di mollica di pane raffermo e 150 grammi di caciocavallo vecchio. Mischiate pane e formaggio sulla tavola di cucina, disponeteli a fontana e nel mezzo mettete tre uova intere, pochissimo sale, un pizzico di pepe, un po’ di noce moscata e mezza cucchiaiata di prezzemolo tritato fino. Impastate il tutto come una comuna pasta all’uovo. L’impasto deve risultare piuttosto duro ma non eccessivamente. Se fosse troppo duro aggiungete qualche goccia di latte. Con questa pasta foggiate uno o due cannelli del diametro di un paio di centimetri e ritaglia teli in tanti pezzi della grandezza di una grossa noce. Rotola teli tra le mani uno a uno per dar loro una forma sferica e poi appiatti teli formandone tante gallettine dello spessore di mezzo centimetro abbondante. Preparate una padella con abbondante olio e fatelo scaldare assai. Quando l’olio sarà fumante passate leggermente le gallettine nella farina, nell’uovo sbattuto e friggetene poche alla volta. Appena a color d’oro chiaro toglietele subito dalla padella, dove devono restare pochissimo. Si possono servire anche con una buona salsa di pomodoro.
Illustrazioni:
Francesco dei Franceschi, San Mamante, sec. XV (http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it)
Statua di San Mamante conservata nella chiesa di San Mamante a Lizzano in Belvedere, Bologna (www.insiemetraparrocchie.it)
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