Una buona notizia: la Camera dei Deputati ha approvato un emendamento del PD alla legge comunitaria che aumenta il limite minimo di frutta nelle bibite analcoliche dal 12 al 20%. Detto in parole più povere: le bibite gassate prodotte in Italia e che richiamano agrumi in etichetta e nel nome, devono contenere il 20% di succo d’arancia e non più il 12, secondo il dettame di una vecchia legge del 1958. Cantano dunque vittoria molte associazioni dei consumatori, gli autori dell’emendamento, le associazioni degli agricoltori, sottolineando il fatto che si è sconfitta la lobby delle aranciate senza arance e che, con quella percentuale di frutta vera, ci si avvicina un po’ di più agli interessi delle imprese agricole, con relativa valorizzazione della produzione nazionale.
È pur vero però, che la nuova legge sarà circoscritta alle sole bibite prodotte in Italia, che sono solo una parte di quelle che in Italia si consumano, mentre le aranciate senza arance prodotte all’estero continueranno ad essere presenti nel mercato interno. E a questo proposito, gli industriali italiani paventano la difficoltà a reggere il mercato imposto dalla concorrenza, le industrie straniere che producendo a costi inferiori avranno vita facile in Italia, e prevedono un’agonia dell’industria nazionale.
Un altro caso di conflitto tra le ragioni della salute e dell’agricoltura e quelle del mercato industriale? Sembra sempre che se vogliamo l’industria, dobbiamo adattarci a una perdita di qualità e, in questo caso specifico, che il bene dell’economia industriale si misura nella nostra disponibilità a trattare (ragionevolmente) la percentuale giusta della perdita del gusto. Il ricatto è elementare e terribile: se muore l’industria nazionale, uccisa dall’8% di gusto in più, morirà anche l’agricoltura nazionale, e quelli che oggi cantano vittoria, domani piangeranno lacrime amare.
Che visione drasticamente dualistica della sorte intrecciata dei settori agricolo e industriale. Ma se invece accadesse che all’estero, negli altri paesi europei per esempio, si spargesse la voce che l’industria italiana produce succhi migliori, avendo corretto, in nome del gusto e della salute, la micragnosa percentuale UE? Magari c’è una fetta di mercato interessata alla qualità del succo di frutta, e forse questa fetta non è così trascurabile. Semmai c’è da fare un semplice invito per quando la legge sarà operativa: al momento dell’acquisto fare attenzione alla provenienza della bibita e non barattare il gusto per pochi spiccioli. E per aiutare l’industria nazionale della bibita a sfondare all’estero, traduciamo l’invito in inglese: PLEASE, PAY ATTENTION TO THE ORIGIN OF YOUR DRINK! e DON’T TRADE TASTE FOR MONEY!
Siamo sicuri che con quel 20% l’industria nazionale avrà un successone all’estero. Basta organizzarsi e, sconfitta la lobby delle aranciate senza arancia, sconfiggere anche la lobby delle bottiglie con etichette illeggibili e pasticciate, dove per appurare origine, lavorazione e percentuali degli ingredienti, occorre munirsi di lente d’ingrandimento e di un dizionario di sofismi.
Nel frattempo, per i più volenterosi e i più attenti alla salute e al gusto, proponiamo un breve ricettario di bibite dissetanti fatte in casa per grandi e piccini.
Bibita di ananas
Prendete un ananas ben maturo e tagliatene a fette 250 grammi, mettetele in una ciotola spolverandole con 150 grammi di zucchero. Bagnate quindi con quattro bicchierini di cognac e lasciate macerare per un’oretta. Passata l’ora tagliate a pezzetti l’ananas e unitelo con tutta la sua bagna a mezza bottiglia di spumante ben freddo e ad un bicchiere ben colmo di ghiaccio tritato. Date una mescolata e servite in calici con pezzi di ananas.
Bibita di pesca
Scegliete delle belle e mature pesche duracine a polpa gialla, pelatele e togliete il nocciolo. Tagliatele a fette che mettete in un recipiente che possa entrare in frigorifero. Spolverate le fette con zucchero (150 grammi, o anche di meno) bagnatele con ½ litro di buon vino bianco secco, chiudete il recipiente e lasciate riposare in frigorifero per un’abbondante ora. Trascorso il tempo, unite tre bicchieri di acqua minerale gassata ben fredda e del ghiaccio tritato. Servite nei bicchieri con i pezzi di frutta.
Orzata
Sbucciate e pestate nel mortaio (l’operazione si può fare anche con un frullatore, ma il risultato non è lo stesso) 200 grammi di mandorle dolci e una dozzina di amare, bagnandole di tanto in tanto con qualche cucchiaino di acqua di fiori d’arancio. Appena finito di pestare, sciogliere le mandorle con altra acqua di fiori d’arancio e passate il tutto attraverso un panno su di un recipiente. Rimettete la pasta che è rimasta nel panno nel mortaio e macinate ancora e quindi ripetete la filtratura col panno. Mettete il liquido ottenuto dalle due filtrature sul fuoco, aggiungete 800 grammi di zucchero (ma la dose può essere alleggerita a piacere), mescolate e lasciate sobbollire per una mezz’ora scarsa. Una volta raffreddato conservate l’orzata in bottiglia.
Ponce freddo alla fiorentina
Aggiungete per profumare un bicchiere d’acqua ben fredda, qualche cucchiaiata di caffè, un goccio di liquore d’anice, un poco di zucchero e una fettina di limone.
La nuvoletta
Ad un bicchiere di acqua ben fredda, o mezzo pieno di ghiaccio tritato, aggiungere un consistente goccio di mistrà.
Bibita di melone
Passate al setaccio la polpa di un melone ben maturo. Versateci sopra mezzo litro di sciroppo denso e bollente (lo sciroppo, secondo la prescrizione della Farmacopea italiana, è composto da 665 gr di saccarosio e 335 gr di acqua depurata) e lasciate raffreddare in infusione per almeno un paio d’ore. Trascorso il tempo filtrate attraverso un panno, allungate con acqua minerale gassata ben fredda e con qualche cucchiaiata a piacere di acqua di fiori d’arancio.
Bibita di ribes e lampone
Passate al setaccio 375 grammi di ribes rosso e bianco e 125 grammi di lamponi maturi. Aggiungete al succo ottenuto mezzo litro d’acqua e 100 grammi di zucchero, lasciate raffreddare in frigorifero mescolando di tanto in tanto.
Quando l’industria delle bibite ancora non arrivava dappertutto, nelle case si facevano gli sciroppi di varia frutta e secondo le stagioni. Lo sciroppo di amarene era solo il più famoso, preparato all’inizio dell’estate, o l’anno prima, e poi servito dopo i pranzi all’ultimo respiro delle accaldate feste d’agosto. In un ricettario del 1925 troviamo la seguente ricetta per
Sciroppi di ribes, di lamponi, di uva spina, di ciliegie ecc.
Di qualsiasi frutta si voglia fare lo sciroppo (ed è provvidenziale averne l’estate, come squisita bevanda dissetante) bisogna aver cura di schiacciare anzitutto in grosso modo la frutta e di lasciarla fermentare: senza fermentazione, lo sciroppo si muterebbe in gelatina, e mancherebbe allo scopo.
La frutta fermentando, produce una specie di schiuma o “cappello” che bisogna rompere ogni tanto. La fermentazione, che si lascierà compiere senza forzare la temperatura ambiente, sarà a punto, quando cominceranno a volare dei moscerini sopra la frutta fermentata, ed emanerà da questa quell’odore acidulo, particolare alla frutta in fermentazione. Allora si passeranno i lamponi, il ribes, ecc., a traverso una stamigna, e si strizzerà energicamente, fin che non resti nella stamigna che il residuo asciutto di semi e bucce.
Si pesa il sugo ottenuto, e vi si aggiunge Kg. 4 di zucchero per ogni 3 chilogrammi di sugo. Si mette in recipiente di rame non stagnato, a fuoco dolce, e dop quattro o cinque bollori (dall’ebollizione, 6 o 8 minuti) si ritira lo sciroppo. Si leva la schiuma che si è formata, solo a cottura terminata, perché si riformerebbe di continuo alla superficie.
Lo sciroppo, schiumato, si travasa in un recipiente di porcellana, e lo si lascia raffreddare prima di metterlo in bottiglie.
Si conservano le bottiglie, dritte, in una cantina fresca.
Illustrazioni: Pupi Zirri, 2014